Un filo d'olio - inaugurazione

Sabato 19 ottobre alle ore 17 si inaugura, nella splendida cornice del Teatro Ebe Stignani di Imola, l'edizione 2024 del Baccanale.

Un filo d'olio - inaugurazione

La kermesse torna, dopo l'anteprima primaverile di maggio, ad accendere l'autunno imolese con un titolo, "Un filo d'olio", evocativo e ricchissimo di spunti.
Saranno presenti il Sindaco di Imola Marco Panieri, Giacomo Gambi, Assessore alla Cultura, Politiche giovanili e legalità e Pierangelo Raffini, Assessore ai Lavori pubblici, Centro storico e Attività Produttive.

A seguire Massimo Montanari, docente dell'Università di Bologna e tra i massimi esperti mondiali di storia e cultura dell'alimentazione, concluderà la cerimonia con una lectio magistralis dal titolo "Condire, friggere, ungere. La millenaria epopea dell'olio tra gusto e bellezza". L'intervento avrà il compito di inquadrare il tema della manifestazione in una prospettiva storica, con lo stile sapido ed elegante tipico del Professore imolese.

Gli antichi attribuivano all’olio uno straordinario valore simbolico: nelle culture mediterranee esso fu assunto, con il pane e il vino, a emblema stesso della civiltà, come altrettante “invenzioni” (né l’olio né il pane né il vino esistono in natura) che dimostrano la capacità creativa dell’uomo. Prima ancora che per usi alimentari, l’olio fu usato come cosmetico, per ungere il corpo e farlo bello.
All’uso cosmetico si affiancò ben presto l’impiego dell’olio a scopo alimentare, per condire o cuocere i cibi. A lungo però esso mantenne un’immagine di preziosità, facendosi protagonista della cucina di élite mentre sulle tavole contadine si usava il più economico lardo. Le ricche ricette di Apicio (l’unico manuale di cucina romana giunto fino a noi) letteralmente grondano d’olio.
Nel Medioevo la cultura dell’olio rimase un fatto elitario, anche se si allargò nel continente europeo ben oltre l’originario areale mediterraneo, per il diffondersi della religione cristiana che impose a tutti i fedeli – dunque a tutti gli europei – di astenersi dalla carne e dai grassi animali nei periodi e nei giorni “di magro”. E poiché i giorni “di magro”, fra quaresima e altri periodi, nonché vigilie e giorni infrasettimanali, giunsero a coprire fino a un terzo dell’anno, l’olio divenne ovunque indispensabile e, alternandosi al lardo o al burro secondo il calendario liturgico, diventò oggetto di un ampio mercato. Dato il suo uso prevalente nella cucina “di magro”, fu usato soprattutto per condire le verdure e per cuocere i pesci.
In età moderna l’impiego alimentare dell’olio a poco a poco uscì dalla logica “quaresimale” in cui la cultura medievale lo aveva costretto. Particolarmente in Italia, nuovi modelli gastronomici portarono a una maggiore valorizzazione delle verdure e, con esse, dell’olio che serviva a condirle. L’uso delle insalate fu promosso da appositi trattati, come l’Archidipno, overo dell’insalata e dell’uso di essa di Salvatore Massonio (1627). Il modenese Giacomo Castelvetro scrisse nel 1614 un curioso trattatello su «tutte le radici, tutte l’erbe e tutti i frutti che crudi o cotti in Italia si mangiano», dove riferì una vera e propria legge insalatesca con le regole essenziali su come utilizzare l’olio «per fare mescolanze di varie erbe». Dopo averle ben sgocciolate e asciugate – scrive – si accomodano in un piatto dove già prima sia stato messo un po’ di sale, aggiungendone altro, di sale, man mano che si dispongono le erbe. Dopo si aggiungerà l’olio «con larga mano», e si rivolgerà l’insalata «molto bene con le dita ben monde, overo col coltello e con la forchetta», in modo che «ogni foglia pigli l’olio». Solo a questo punto si metterà l’aceto, e poiché in tutta l’operazione bisognerà usare molto sale e molto olio, ma poco aceto, «ecco il testo della legge insalatesca, che dice: Insalata ben salata, poco aceto e bene oliata». E chi pecca contro questo comandamento «è degno di non mangiar mai buona insalata».
Massimo Montanari
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