AMARO è il tema scelto per il Baccanale 2021

AMARO è il tema scelto per il Baccanale 2021

Amaro è il sapore a cui non si pensa quando sono in ballo il gusto, il piacere, la gastronomia

Eppure, se andiamo a elencare i prodotti che in un modo o nell’altro lo richiamano, ci accorgiamo che la sua presenza è molto più cospicua di quanto non possa sembrare. Soprattutto fra le risorse vegetali, l’amaro impera: radicchi, cicoria, rucola, carciofi, cardi, fave, asparagi… Ma non dimenticheremo il caffè, il cacao, il tè, gli agrumi (il pompelmo!) e gran parte della frutta secca, come ad esempio le noci, le mandorle e le nocciole. Ci sono anche cibi amari di origine animale, come le frattaglie e diversi formaggi caratterizzati dal gusto amaro, come il gorgonzola e il brie. Tra le erbe aromatiche che tutti utilizzano in cucina, molte hanno un gusto amaro: i chiodi di garofano, il timo, la maggiorana, il rosmarino, il dragoncello, l’alloro, le bacche di mirto e ginepro. E come non ricordare il sapore amaro della birra e lo speciale retrogusto amarognolo che la liquirizia, l’anice e il rabarbaro lasciano in bocca. E il miele… che certo è dolce, ma può essere anche amaro (castagno, corbezzolo) … E infine l’olio extra vergine d’oliva, che ha tra le sue caratteristiche positive proprio l’essere amaro, per la presenza di polifenoli che ne garantiscono equilibrio e maggior conservabilità

Soprattutto nella tradizione italiana, l’amaro sembra godere di una forte attenzione. È in Italia che si inventa un dolce chiamato amaretto, una bibita come il chinotto che è la versione nostrana della più dolce coca-cola; è in Italia che si sviluppa una cultura straordinaria dell’amaro (il liquore) diffusa dalle Alpi alla Sicilia. Per non parlare dei vari Campari e Bitter, o di vini che ci è piaciuto chiamare Amarone o Dolceamaro

Perché questa attenzione molto italiana a un sapore così complesso e difficile? Un sapore che, non a caso, si apprezza soprattutto in età adulta?

Un ruolo decisivo deve averlo avuto l’importanza della cultura popolare nella costruzione del patrimonio gastronomico italiano. Perché cultura popolare vuol dire soprattutto capacità di valorizzare le piante, anche quelle selvatiche, le più ricche di questo gusto amaro – che la lingua italiana “addolcisce” chiamandolo “amarognolo”, espressione difficilmente traducibile in altre lingue